Articolo attacco di panico Sabrina Piccoli - psicologo Bergamo

IL VISSUTO DI SOLITUDINE NELL’ESPERIENZA DELL’ATTACCO DI PANICO

L’attacco di panico assume la forma di un disturbo che porta le persone a limitare le proprie esperienze nel tentativo di sentirsi al sicuro.

In questo articolo propongo una lettura dell’attacco di panico che va a toccare nel profondo il VISSUTO DI SOLITUDINE di cui è intrisa l’esperienza di vita delle persone che soffrono di questo disturbo. Questa lettura nasce dalla teoria dello psicoterapeuta Gianni Francesetti che ha rintracciato nei racconti delle persone che hanno sofferto di attacchi di panico un vissuto comune legato all’essersi sentiti “soli di fronte alle sfide del mondo”.

 

L’INCONTRO CON L’ATTACCO DI PANICO

Spesso il primo attacco di panico sopraggiunge improvvisamente in una vita che apparentemente procede nella norma (è ricorrente la frase:“è stato un fulmine a cel sereno”). La persona, sconvolta da questa esperienza, solitamente si reca in Pronto Soccorso o dal proprio medico poiché la sintomatologia correlata all’attacco di panico è vissuta prevalentemente a livello corporeo (palpitazioni, sudorazione, tremori, difficoltà respiratorie, “fame d’aria”, dolore al petto, nausea). Nel momento in cui gli accertamenti medici non rilevano problematiche fisiche, la sensazione può essere quella di non sentirsi compresi e riconosciuti nella propria sofferenza: “come è possibile che non abbia nulla se sto così male?” A questo punto è esperienza comune quella di iniziare a mettere in atto comportamenti volti ad evitare tutte quelle situazioni che potrebbero esporre al rischio di un nuovo attacco di panico.

Questo è il vissuto maggiormente comune con cui le persone arrivano in terapia, spesso dopo anni di esami medici e evitamenti, talvolta profondamente invalidanti e limitanti. 

DAL SINTOMO AL SUO SIGNIFICATO: COSA CI COMUNICA L’ATTACCO DI PANICO?

Le storie narrate dalle persone che soffrono di attacchi di panico sono varie ma ciò che le accomuna è il BISOGNO DI SENTIRE L’ALTRO come APPOGGIO e PROTEZIONE, bisogno che spesso non è stato ascoltato ed accolto.  Le persone che sperimentano attacchi di panico spesso non sono stati riconosciuti nel loro bisogno di accudimento, raccontano di essere stati “bravi bambini” e poi “adulti di riferimento per gli altri”, come se fino a quel momento non ci fosse stato lo spazio per esprimere le proprie fatiche e le proprie vulnerabilità. Quando in terapia si apre la possibilità di entrare in contatto con queste parti, le narrazioni che emergono sono quelle di “dare voce ad una parte di sé che non si credeva esistesse” e questo è possibile grazie alla relazione di fiducia che si può creare nello spazio e nel tempo della psicoterapia.

IN CHE MODO LA PSICOTERAPIA PUO’ APRIRE POSSIBILITA’ DI CAMBIAMENTO?

In psicoterapia paziente e terapeuta lavorano insieme per COMPRENDERE IL SIGNIFICATO DELL’ATTACCO DI PANICO ALL’INTERNO DELLA PROPRIA STORIA DI VITA per poi costruire NUOVI MODI per COMUNICARE IL PROPRIO BISOGNO DI SENTIRE L’ALTRO VICINO

E’ innanzitutto fondamentale creare uno spazio e un tempo per ascoltare e raccontare quel vissuto fino a quel momento taciuto. Il vissuto di solitudine che genera il timore di affrontare il mondo va accolto nel suo significato all’interno della storia di vita di quella persona: in genere il panico è collegabile a cambiamenti che assumono grande significato da un punto di vista identitario. Si può trattare di cambiamenti grandi o piccoli della vita ma che coinvolgono aspetti profondi della persona.

Le persone spesso esprimono in terapia il desiderio di “tornare come prima” e questo è molto comprensibile alla luce della sofferenza che l’attacco di panico porta con sé ma è importante riconoscere l’importanza di agire gradualmente. E’ essenziale creare un TERRENO SICURO  affinché sia possibile RIATTIVARE IL PROPRIO MOVIMENTO: IN PSICOTERAPIA SI LAVORA INSIEME NON PER IMPARARE A CAMMINARE SULLE ACQUE MA PER COSTRUIRE UN TERRENO SICURO SUL QUALE POGGAIRE I PIEDI.

Un primo terreno sicuro può essere la relazione terapeutica che è il lo strumento centrale e luogo di trasformazione di quei vissuti di solitudine.

Articolo problemi psicologici Sabrina Piccoli - psicologo Bergamo

IL SINTOMO PSICOLOGICO E’ COME IL FUOCO: DA’ VOCE ALLA SOFFERENZA

Il sintomo – per quanto invalidante e fonte di sofferenza – è un importante alleato del processo terapeutico, può dare preziose informazioni per innescare il cambiamento.

Proverò in questo articolo a dare una risposta ad alcune delle possibili domande:

Perchè compare un sintomo psicologico? Qual è l’utilità del sintomo? In che modo un percorso di psicoterapia può essere utile?

 

PERCHE’ COMPARE UN SINTOMO PSICOLOGICO?

Il sintomo parla, a volte ci urla disperato, e ci racconta del tentativo ultimo di stare in un equilibrio, dello sforzo che la persona sta mettendo in atto per riuscire a mantenersi in adattamento con il proprio mondo.

Il sintomo ci permette di non cadere ma ci fa soffrire. Un percorso psicologico può aiutare a comprendere il significato che sta dietro al sintomo per creare le condizioni affinché la persona possa trovare serenamente il proprio modo di stare in equilibrio.

 

QUAL E’ L’UTILITA’ DEL SINTOMO PSICOLOGICO?

Ognuno di noi potendo scegliere desidererebbe non avere sintomi: vivere in un costante stato di ansia può essere invalidante, sperimentare un vissuto di depressione è fonte di profonda sofferenza, affrontare le giornate con il timore di un attacco di panico può compromettere le relazioni. Gli esempi sono infiniti, così come sono infiniti i modi con cui una persona può manifestare la propria sofferenza psicologica.

Dunque, a fronte di tutta la sofferenza che il sintomo porta con sé, in che modo può essere utile?

IL SINTOMO E’ IL “CAMPANELLO D’ALLARME” CHE CI AVVISA CHE C’E’ QUALCOSA DENTRO DI NOI CHE SI E’ “AGGROVIGLIATO”, UN GROVIGLIO CHE NON CI PERMETTE DI VIVERE SERENAMENTE.

Per quanto assurdo possa sembrare è proprio il sintomo a darci la possibilità di costruire un’alternativa verso uno stato di benessere. Come quando, avvicinandoci al fuoco, proviamo dolore ed è grazie a quella spiacevole sensazione che agiamo per ridurre il nostro malessere, in questo caso allontanandoci dalla fonte di calore. Se non provassimo dolore correremmo il rischio di bruciarci senza rendercene conto.

Ed è proprio quello che accade anche a livello psicologico: in assenza di una sintomatologia la nostra sofferenza rimarrebbe senza voce, intrappolata dentro di noi senza la possibilità di essere elaborata e sciolta.

 

IN CHE MODO UN PERCORSO DI PSICOTERAPIA PUO’ ESSERE UTILE?

Il sintomo ha un preciso significato all’interno della storia di vita di ogni persona ed è per questo che merita di essere espresso e raccontato all’interno di una relazione che sia in grado di contenere il dolore e la sofferenza.

Il linguaggio dei sintomi psicologici è simbolico, come quello dei sogni, ed è possibile interpretarlo grazie alla possibilità di rispecchiarsi in un’altra persona attenta e capace di comprenderne il significato.

La domanda che guida il lavoro terapeutico in alcune sue fasi è: “questo sintomo cosa permette di fare a questa persona?”. Durante i colloqui si costruiscono possibilità alternative affinché la persona non abbia bisogno del sintomo per sentirsi vista, compresa, riconosciuta all’interno del proprio mondo relazionale.

Dunque quando avvertite una sofferenza psicologica che vivete come profonda e difficile da gestire provate a dirvi:

“Questo può essere un messaggio che merita un suo tempo e un suo spazio per essere compreso e per tradursi in cambiamento verso uno stato di benessere”.